Le vite degli altri

Le vite degli altri

“Oltre il muro” , un ciclo di grandi film d’autore, anticipa il prossimo festival Passepartout. Pensieri e Parole, dedicato alla caduta del tragico Muro di Berlino, all’entusiasmo e alle speranze che ha suscitato, agli stravolgimenti politici ed economici che ha innescato in Europa, in Italia e nel mondo: alle 19.30 in Sala Pastrone (Asti, Via al Teatro 2) il mercoledì sera fino al 12 maggio. Il quinto e penultimo appuntamento mercoledì 28 aprile con Le vite degli altri, Oscar 2007 come Miglior Film Straniero e come Miglior Film dell’Unione Europea ai David di Donatello, non si è aggiudicato per un soffio anche il premio per il Miglior Film Straniero ai Golden Globe. Regia di Florian Henckel von Donnersmarck Presenta Mario Renosio Le vite degli altri Titolo originale: Das Leben der Anderen Paese, Anno: Germania, 2006 Regia: Florian Henckel von Donnersmarck Principali interpreti: Martina Gedeck, Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Ulrich Tukur, Thomas Thieme. Trama Berlino Est, 1984. Il capitano Gerd Wiesler è un abile e inflessibile agente della Stasi, la polizia di stato che spia e controlla la vita dei cittadini della DDR. Un idealista votato alla causa comunista, servita con diligente scrupolo. Dopo aver assistito alla pièce teatrale di Georg Dreyman, un noto drammaturgo dell’Est che si attiene alle linee del partito, gli viene ordinato di sorvegliarlo. Il ministro della cultura Bruno Hempf si è invaghito della compagna di Dreyman, l’attrice Christa-Maria Sieland, e vorrebbe trovare prove a carico dell’artista per avere campo libero. Ma l’intercettazione sortirà l’esito opposto, Wiesler entrerà nelle loro vite non per denunciarle ma per diventarne complice discreto. La trasformazione e la sensibilità dello scrittore lo toccheranno profondamente fino ad abiurare una fede incompatibile con l’amore, l’umanità e la compassione. All’epoca dei fatti, quando le Germanie erano due e un muro lungo 46 km attraversava le strade e il cuore dei tedeschi, il regista Florian Henckel von Donnersmarck era poco più che un bambino. Per questa ragione ha riempito il suo film dei dettagli che colpirono il fanciullo che era allora. L’incoscienza e la paura diffuse nella sua preziosa opera prima sono quelle di un’infanzia dotata di un eccellente spirito di osservazione. La riflessione e l’interesse per il comportamento della popolazione, degli artisti e degli intellettuali nei confronti del regime comunista appartengono invece a uno sguardo adulto e documentato sulla materia. Ricordi personali e documenti raccolti rievocano sullo schermo gli ultimi anni di un sistema che finirà per implodere e abbattere il Muro. La stretta sorveglianza, le perquisizioni, gli interrogatori, la prigionia, la limitazione di ogni forma di espressione e l’impossibilità di essere o pensarsi felici sono problemi troppo grandi per un bambino. Le vite degli altri ha così il filo conduttore ideale nel personaggio dell’agente della Stasi, nascosto in uno scantinato a pochi isolati dall’appartamento della coppia protagonista. È lui, la spia, il singolare deus ex machina che non interviene dall’alto, come nella tragedia greca, ma opera dal basso, chiuso tra le pareti dell’ideologia abbattuta dalla bellezza dell’uomo e dalla sua arte. Personaggio dolente e civilissimo, ideologo del regime che in un momento imprecisato del suo incarico si trasforma in oppositore. Il “metodo” della sorveglianza diventa per lui fonte di disinganno e di sofferenza, perchè lo costringe a entrare nella vita degli altri, che si ingegnano per conservarsi vivi o per andare fino in fondo con le loro idee. Gerd Wiesler contribuisce alla riuscita dello “spettacolo” con suggerimenti, correzioni (alle azioni della polizia), aggiustamenti (dei resoconti di polizia) e note di regia che se non avranno il plauso dei superiori avranno quello dei sorvegliati. “Attori” che recitano la vita ai microfoni della Stasi e nella cuffia stereo dei suoi funzionari. La vita quotidiana fatta di paure ed espedienti è restituita da una fotografia cupa e bruna, tinte monocromatiche che avvolgono i personaggi decisi a sopravvivere, a compromettersi e a resistere. La Stasi aveva un esercito di infiltrati, duecentomila collaboratori, Donnersmarck ne ha scelto uno e lo ha drammatizzato con la prova matura e sorprendente di Ulrich Mühe. Il drammaturgo “spiato” è invece Sebastian Koch, l’ufficiale riabilitato di Black Book, intellettuale “resistente” per salvare l’anima del teatro e della Germania. Florian Maria Georg Christian Henckel von Donnersmarck (Colonia, 2 maggio 1973) è un regista tedesco. Cresciuto tra New York, Berlino, Francoforte e Bruxelles, parla correttamente oltre al tedesco l’inglese, il russo e l’italiano. Ha studiato lingua e letteratura russa all’Istituto nazionale di San Pietroburgo per due anni. Ha studiato anche scienze politiche, filosofia ed economia ad Oxford. Ha frequentato la prestigiosa Scuola superiore di cinema di Monaco di Baviera. Von Donnersmarck è il figlio di Leo-Ferdinand Graf Henckel von Donnersmarck, ex-Presidente della sezione tedesca dell’Ordine di Malta e di Anna Maria von Berg. Possiede la cittadinanza sia austriaca che tedesca, benché non abbia mai vissuto in Austria. Von Donnersmarck e sua moglie, Christiane Asschenfeldt, hanno tre figli: Lara Cosima (nata nel 2003), Leo Sylvester (2005) e Alexis Jaguar (2007). Vivono a Los Angeles. È di altissima statura, misurando ben 2.05 m.

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