Sole ingannatore

Sole ingannatore

“Oltre il muro” , un ciclo di grandi film d’autore, anticipa il prossimo festival Passepartout. Pensieri e Parole , dedicato alla caduta del tragico Muro di Berlino, all’entusiasmo e alle speranze che ha suscitato, agli stravolgimenti politici ed economici che ha innescato in Europa, in Italia e nel mondo: alle 19.30 in Sala Pastrone (Asti, Via al Teatro 2) il mercoledì sera dal 31 marzo al 12 maggio. Il terzo appuntamento mercoledì 14 aprile con Sole ingannatore, premiato nel 1994 con l’Oscar come Miglior film straniero e nello stesso anno a Cannes Gran Premio Speciale della Giuria Regia di Nikita Michalkov Presenta Giorgio Galvagno Sole ingannatore Titolo originale: Outomlionney solntsem Paese, Anno: Russia-Francia, 1994 Regia: Nikita Michalkov Principali interpreti: Oleg Menshikov; Nikita Michalkov; Ingeborga Dapkunaite; Nadia Michalkova; Andrej Umanskij, Viačeslav Tichonov Svetlana Krjučkova; Vladimir Ilyn. Trama Nel 1936, dopo dieci anni, Mitja torna nella dacia dov’è cresciuto e dove vive Marusja (I. Dapkunaite), da lui sempre amata, oggi moglie di un eroe della rivoluzione, il colonnello Sergej Kotov (N. Michalkov). Nessuno sa che lo scopo del ritorno di Mitja, entrato nella polizia segreta, è di arrestare l’amico Kotov, bersaglio di una delle tante purghe di quegli anni terribili. Scritto dal regista con Rustam Ibragimbekov, girato con un accademismo di alta scuola, ridondante di una liturgia romantica molto russa e molto teatrale, il film ha l’ambizione di introdurre, concentrando l’azione drammatica nel giro di una domenica estiva, la violenza della Storia in un’atmosfera neocechoviana di struggente dolcezza nostalgica: la famiglia allargata, la dacia, l’isba, l’ansa del fiume, la foresta di betulle. Ma il sole ingannatore è soltanto quello di Stalin – il cui gigantesco ritratto, sollevato da un dirigibile, oscura il cielo – oppure è anche la rivoluzione stessa che, meno di vent’anni dopo il 1917, ha rivelato il suo vero volto? 10 anni prima sarebbe stato un film eversivo. Nel 1994 il film più politico di Michalkov è anche il più nostalgico, suggerendo il rimpianto per il passato zarista. 2° premio al Festival di Cannes e Oscar per il miglior film straniero. Nikita Michalkov Regista russo. Figlio di una poetessa e di Sergej M., autore di libri per ragazzi e dei versi dell’inno russo, fratello minore del regista Andrej, cresce in un ambiente culturalmente elitario e debutta da ragazzo come attore in A zonzo per Mosca (1964) di G. Danelija, mentre frequenta un istituto teatrale. Successivamente si iscrive al VGIK, dove studia regia, anche se rimane tentato dalla recitazione. Si diploma realizzando il suo primo cortometraggio. Il vero esordio è però con il lungometraggio Amico tra i nemici, nemico tra gli amici , un western. Appena un anno dopo conquista favore critico e fama internazionale con Schiava d’amore, film di grande poesia che narra delle disavventure di una troupe del periodo zarista che viene sorpresa dallo scoppio della Rivoluzione sulle rive del Mar Nero. Il successo e gli apprezzamenti della critica vengono confermati dal successivo Partitura incompiuta per pianola meccanica (1976) in cui, riprendendo šCechov e con tono leggero racconta delle mollezze degli uomini russi e della lagnosità delle donne. Commedia con risvolti politici è invece Cinque serate (1978) in cui mette in scena, ma senza drammatizzare, il grave problema della crisi degli alloggi nell’Unione Sovietica degli anni ’50. Abile politico di sé stesso, capace di non appiattirsi su linee apologetiche ma al contempo riluttante a elevare esplicite critiche al «sistema», più che temi politico-sociali preferisce affrontare problematiche esistenziali, per cercare di comprenderne appieno natura e debolezze, come fa Oblomov (1979), dal romanzo di I.A. Gonšcarov, in cui il protagonista, uomo incapace di vivere con serena coscienza la propria vita, diventa simbolo della crisi di un’intera generazione e della sua classe sociale, ma non per questo un emblema per agitazioni politiche. Qualche problema con la censura sovietica lo rischia comunque con Rodnja (La parentela, 1982) commedia con tratti di buona ilarità che racconta di una contadina di mezza età che va a trovare la figlia in città. Il suo gusto per l’ironia leggera e calibrata vira verso la comicità esplicita nelle successive commedie Oci Ciornie (1987), interpretato da un M. Mastroianni non al meglio delle sue corde recitative, e Urga – Territorio d’amore (1991), ambientata nella steppa e centrata sulle differenze culturali fra i vari popoli dello sterminato territorio sovietico. Un’esplicita critica al passato affiora infine in Sole ingannatore (1994, Gran premio della giuria a Cannes e Oscar per il miglior film straniero), film del dopo-perestroika, ambientato nel 1936, in cui può finalmente, e liberamente, mettere in scena le paure di un colonnello nel periodo più nero dello stalinismo. Ma M. si astiene dal cavalcare l’onda del revisionismo e, diventato amministratore e uomo politico ben in vista, in Il barbiere di Siberia (1999) ritorna al periodo zarista (1885, per l’esattezza) per raccontare, ancora in toni da commedia, le illusioni e delusioni degli esseri umani al di là delle loro differenze culturali. Al termine della proiezione verrà offerto un rinfresco L’entrata è libera e tutti sono invitati

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